Kalooki nights by Howard Jacobson

Kalooki nights by Howard Jacobson

autore:Howard Jacobson [Jacobson, Howard]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2020-08-01T22:00:00+00:00


7.

Mia madre vide ancora meno di me al funerale di mio padre. Già quando lui era ancora in vita aveva iniziato a girarsi dall’altra parte. Era Shani a guardare per lei. Fu Shani a occuparsi di tutto. Accolse gli ospiti, diede loro conforto e li salutò. Non mi ero mai reso conto, fino al giorno in cui mio padre venne seppellito in conformità al rito ebraico, di quanto fosse alta. Può darsi che fosse la prima volta che la vedevo in posizione eretta e con le scarpe ai piedi. Era molto bella, tutta abbottonata e con la veletta. Alla fine, aveva trovato un vestito che le stava bene, e un’occasione per indossarlo.

Osservammo la shivah per qualche giorno (un po’ meno di quanto avremmo dovuto), finché mia madre non decise di tornare all’impazienza di mio padre. “Basta con queste machareike,” disse, rispedendo al mittente gli sgabelli accorciati e scoprendo gli specchi. Tsedraiter Ike era scandalizzato. Adorava la shivah. “Le uniche volte che riesci a farlo uscire,” diceva mio padre, “è quando qualcuno muore.” Ci meravigliava che Tsedraiter Ike sapesse sempre dov’era la casa del defunto. Dove si procurava le sue informazioni? C’era qualche pubblicazione che gli arrivava a casa in una busta marrone, o forse nera? Il suo nome era inserito in qualche infernale lista degli invitati? Oppure usciva semplicemente per strada e seguiva il suo fiuto? Fatto sta che non era mai così felice come quando portava pesce tritato a una famiglia in lutto e augurava loro lunga vita. Soltanto i parenti più stretti si lacerano le vesti, ma Tsedraiter Ike sarebbe rimasto seduto su uno sgabello basso, con la giacca strappata, per tutta l’eternità, se fosse stato permesso. E adesso mia madre gli stava accorciando una possibilità di shivah in cui lui era uno dei protagonisti.

Ciò che lo trattenne dal ribellarsi, credo, fu il dolore. Con tutto che lui e mio padre non l’avevano mai vista allo stesso modo su un solo argomento, e mio padre gli rammentava di continuo che era tollerato in casa solo per rispetto verso mia madre – e comunque non contasse di essere tollerato per sempre –, Tsedraiter Ike, come noi tutti, era sconvolto dalla sua morte, e aveva sviluppato la nuova abitudine di scuotere energicamente la testa, come per manifestare un mortale disaccordo con Qualcuno. Quando mia madre abbreviò il periodo della shivah, lui espresse la sua protesta osservandola da solo nella sua stanza. Sapeva quel che era dovuto alla sacra memoria del defunto, anche se noi sembravamo ignorarlo. E se noi avevamo ridotto, lui prolungò. Per giorni non lo vedemmo più, lo sentivamo solo pregare. Per un po’ mia madre lo assecondò, poi gli disse di scendere. “Ike, che diamine stai facendo lassù? Stai cercando di ammazzarti? Non servirà a restituirci Jack.” Gli rimproverò il suo comportamento macabro e gli ordinò di ricominciare a vestirsi in maniera normale e di tornare alla quotidiana routine dei vivi. Lui non discusse. Preghiere per i morti o no, sapeva come fare i propri interessi. “Sono



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